martedì 24 aprile 2012

ANDREI TARKOVSKY


(Zavrazie, 4 aprile 1932 – Parigi, 29 dicembre 1986), è stato un regista e attore sovietico.
Nel 1956 Andrej Tarkovskij si iscrive al VGIK (Scuola Superiore di Cinematografia), la più prestigiosa scuola di cinema dell'Unione Sovietica. Al VGIK Tarkovskij inizierà la sua produzione. Primo titolo è, nel 1958, Gli uccisori (Ubijcy), un cortometraggio che riprende uno dei più celebri racconti di Ernest Hemingway, e in cui Tarkovskij compare anche come attore nel ruolo di uno dei due sicari, a cui seguirà l'anno dopo il mediometraggio: Non cadranno foglie stasera (Segodnja uvolnenija ne budet). Nel 1960 Tarkovskij si diploma presentando Il rullo compressore e il violino (Katok i skripka), un mediometraggio che racconta l'amicizia tra un bambino che studia violino e un operaio asfaltatore. Nel 1962 esce L'infanzia di Ivan (Ivanovo Detstvo), il primo lungometraggio di Tarkovskij. Il film viene presentato al festival di Venezia, dove vince il Leone d'oro ex-aequo con Cronaca familiare di Valerio Zurlini. Con questo film, molto lirico e personale, iniziano le prime incomprensioni con il regime che, quando nel 1966 Tarkovskij gira Andrej Rublëv, diventano un'aperta ostilità che influenzerà tutta la futura carriera del regista. Andrej Rublëv rilegge la storia della Russia del Quattrocento attraverso le gesta del pittore di icone Andrej Rublëv, risultando uno dei migliori film degli anni sessanta in tutta la cinematografia mondiale. Il film nel 1969 arriverà al festival di Cannes, non senza aver prima subito alcuni tagli e alcune "correzioni" al montaggio. Il successo è lo stesso enorme, il film vince il premio della critica internazionale e viene proiettato in tutta Europa, suscitando ovunque entusiasmo unanime tra critica e pubblico. In patria però Andrej Rublëv viene proiettato solo nel 1971, riscuotendo un buon successo di pubblico nonostante la cappa di silenzio piombata sul film: nessun articolo, nessuna recensione e perfino nessuna informativa sulle sale in cui veniva proiettato. Nel 1972 Tarkovskij realizza Solaris, da un romanzo di Stanislaw Lem. Il film racconta di una spedizione scientifica sul pianeta Solaris, un pianeta in cui avvengono strani fenomeni. Kris Kelvin, lo scienziato inviato a risolvere il mistero, scopre che l'oceano del pianeta è una vera e propria entità senziente che materializza, fisicamente, il passato e i ricordi. La complessa atmosfera metafisica di quest'opera viene sottovalutata e si preferisce invece puntare tutto sull'aspetto fantascientifico. Il film viene infelicemente presentato in occidente come “la risposta sovietica a 2001 Odissea nello spazio” e gode di alterne fortune. In Italia Solaris viene affidato a Dacia Maraini, che vi opera profondi cambiamenti: quaranta minuti di film vengono tagliati e altre scene vengono arbitrariamente rimontate, il tutto, ovviamente, senza il consenso di Tarkovskij, che nemmeno era stato informato della cosa e che, in seguito, intenterà, con scarso successo, una causa legale contro la Maraini. Questa versione del film circolerà in Italia per quasi un trentennio, fino alla riedizione nel 2001 della versione integrale. Terminato Solaris Tarkovskij inizia a lavorare a Un bianco giorno, un film a carattere autobiografico, che esce nel 1974 con il titolo definitivo Lo specchio (Zerkalo). Si tratta senza dubbio del film più personale ed ermetico del regista. Vadim Jusov che era sempre stato l'operatore di fiducia di Tarkovskij, rifiuta di girare il film perché considera troppo presuntuoso il progetto. Una volta uscito nella sale però, Jusov ammetterà di aver avuto torto e si complimenterà con Tarkovskij. In effetti Lo specchio è un'opera di grande fascino che esibisce un virtuosismo tecnico sconfinato, nell'uso della macchina da presa e nel lavoro sul colore. Ma il virtuosismo è finalizzato alla creazione di un'atmosfera eterea in cui il presente, il passato e i sogni sono fusi in unico blocco atemporale, su cui si innestano, ulteriormente, immagini d'archivio di soldati dell'Armata Rossa impegnati nella seconda guerra mondiale, in una lirica ricostruzione della storia della Russia. Tra il 1976 e il 1977 Tarkovskij si dedica al teatro e mette in scena a Mosca l'Amleto di Shakespeare, con Anatolij Solonicyn nel ruolo del principe di Danimarca. A partire dal 1978, grazie a un permesso speciale del Presidium del Soviet Supremo, Tarkovskij ritorna a dirigere un film. Inizia la lavorazione di Stalker, tratto da Picnic sul ciglio della strada, un romanzo dei fratelli Strugackij, che uscirà nel 1979. Stalker racconta un viaggio all'interno di una misteriosa Zona, in cui si dice che esista una stanza in cui si esaudiscono i desideri. Protagonisti del viaggio sono lo stalker, cioè la guida che sa come muoversi dentro la Zona, uno scienziato e uno scrittore. Lo sviluppo narrativo è assolutamente essenziale, quasi inesistente, ma il film è uno dei più suggestivi girati da Tarkovskij. Lentissime carrellate su pavimenti d'acqua, dialoghi filosofici e un'atmosfera da apocalisse post-atomica, che impregna ogni immagine, rendono il film enigmatico e sfuggente, probabilmente il vertice figurativo del cinema di Tarkovskij. Puntuale come sempre l'ostracismo del regime cala sulla pellicola: per volere dell'autorità sovietica il film viene presentato al festival non competitivo di Rotterdam, precludendogli così la possibilità di concorrere per la Palma d'oro a Cannes, dove viene comunque presentato a sorpresa riscuotendo un grande successo. All'inizio del 1980 incontra a Roma la regista Donatella Baglivo, con la quale negli anni seguenti, avrà un'intensa collaborazione per la realizzazione di una trilogia di documentari a lui dedicata: Il cinema è un mosaico fatto di tempo (1982), Un poeta nel cinema (1983) e il backstage di Nostalghia (1984). Il loro rapporto di amicizia, oltre che professionale, durerà fino alla morte del regista. Nell'aprile 1980 riparte per l'Italia per ricevere il David di Donatello per Lo specchio e per terminare il lavoro iniziato l'anno prima. Non farà mai più ritorno in patria. Nel 1983 esce Nostalghia, girato in Italia nella campagna senese, il suo primo film fuori dalla Russia. La personale vicenda di Tarkovskij è tutta proiettata nel film, a partire dal titolo. È la storia di un intellettuale russo che si trova in Italia per scrivere la biografia di un musicista del XVIII secolo. Qua fa amicizia con Domenico, il matto del paese, il quale gli affida un voto da compiere in sua vece, quello di attraversare, con una candela accesa, la piscina di Bagno Vignoni. Il matto si ucciderà dandosi fuoco a Roma e Gorčakov, il protagonista, morirà portando a termine il voto della candela. Nel 1985, grazie all'interessamento di Ingmar Bergman, Tarkovskij si reca in Svezia per girare Sacrificio (Offret), che sarà il suo ultimo film. Sacrificio esce nel 1986 e viene presentato a Cannes suscitando entusiasmo unanime. La Palma d'oro però va a Mission di Roland Joffé, scatenando fortissime proteste perfino da parte del presidente francese François Mitterrand, che parlerà addirittura di "scandalo". E proprio Mitterrand fu molto vicino a Tarkovskij in una importante circostanza: all'inizio del 1986 una sua lettera inviata a Michail Gorbačëv aveva permesso ad Andrej, il figlio di Tarkovskij, di uscire dall'Unione Sovietica per ricongiungersi, dopo molti anni, con i suoi genitori (Larisa era col marito già dal 1982). Sacrificio a Cannes riesce comunque a portare via ben quattro premi, fatto senza precedenti, oltre a grandi elogi. La malattia uccide Tarkovskij nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1986 in una clinica di Parigi. I funerali si svolgono il 3 gennaio seguente nella cattedrale ortodossa di S. Aleksandr Nevskij e Mstislav Rostropovič, col quale il regista aveva stretto amicizia negli ultimi anni, suona sul sagrato della chiesa la suite per violoncello n°2 di J.S. Bach.  

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